Gli ascolti di agosto 2024
Primo “vero” numero di questa newsletter che riassume gli ascolti fatti in un mese. Innanzitutto voglio partire con l’EP di un gruppo che mi è stato mandato in privato (grazie Rezna!) e che ho finito di ascoltare giusto poco fa, nonostante sia uscito a fine luglio: Distant Lands dei Gorgia. Un buon primo lavoro di questo trio toscano che si muove a cavallo tra uno Stoner fuzzoso con influenze Doom e influenze più ritualistiche (l’iniziale Ausluk mi ha ricordato gli OM di Advaitic Songs) e riffoni scapoccioni che non avrebbero sfigurato in un disco dei Windhand (Outcast e Demons). Anche per questo vi dico che sono ben contento di ascoltare i vostri lavori se me li mandate, sia in privato su Telegram che su gabscia88@gmail.com
Partendo in ordine alfabetico, ho ascoltato Slave to the Scythe dei Demiser, gruppo del South Carolina che ci propizia le orecchie con un Black/Thrash sporcato di punk, un po’ come fanno i connazionali Midnight, ma senza arrivare alle loro vette. In ogni caso un lavoro simpatico che consiglio a chi ha voglia di robba ignorante come il fu ministro Sangiuliano.
Cambiando leggermente genere, ho ascoltato anche uno dei dischi più attesi di questo agosto 2024, ovvero Duck Face Killings dei casertani Fulci: band che non ha bisogno di presentazioni, sono uno degli act più “famosi” del metal italiano, grazie al loro Death Metal old school che attinge a piene mani dall’immaginario dell’omonimo maestro dell’horror italiano. Quest’ultimo Fulci l’ho trovato più in linea con i loro esordi, anche se non raggiunge le vette dell’ottimo Tropical Sun: c’è ancora qualche divagazione Synthwave come si sentiva nel precedente Exhumed Information, e non ho ben capito il pezzo rap (Knife), ma comunque c’è del buon Death Metal, come si sente per esempio nelle Cannibal Corpse-iane Vile Butchery e Fucked With a Knife. Tutto sommato un buon ascolto, in generale, anche se non mi ha fatto impazzire.
Discorso diametralmente opposto che faccio per questo Cursed Creation degli HAR, band berlinese ma formata da cinque ragazzi di Tel Aviv che si sono trasferiti nella capitale tedesca, e autori di un Black/Death decisamente sbilenco che mi ha ricordato i Mitochondrion ma anche gli Impetuous Ritual, seppur i nostri siano molto meno oscuri e terrorizzanti. I 30 minuti di Cursed Creation appagano ogni senso caprino, soprattutto pezzi di gran carattere come Submerged in Cacophony o la furiosa Chronocide…e questo è il primo full dei nostri! Sono molto curioso di sentire cosa avranno in serbo per il futuro.
Un’altra conferma è sicuramente Cascadian Tactics degli instancabili Iron Firmament. Avevamo già visto due volte (!!!) il nome di Krieger e Cerberus con lo splendido self titled pubblicato a gennaio e l’EP Draconic Atavism di marzo, e questo disco non è da meno: siamo sempre in territorio Raw Black Metal con alcuni inserti acustici che mi hanno ricordato i Satyricon di Dark Medieval Times, e per la terza volta i nostri pubblicano dell’ottima musica, pur non folgorandomi come il s/t. Quello è veramente roba grossa.
Ecco, questo è un disco che aspettavo parecchio, e dopo averlo ascoltato un po’ posso dire che The Underground Awaits Us All dei Nile è il loro miglior disco dai tempi di Those Whom the Gods Detest. Non è da capretta giusto per qualche lieve difetto (personalmente dura un po’ troppo), ma ha degli ottimi pezzi come i due singoli (quello col titolo lungo sulla cacca di scimmia e To Strike With Secret Fang) e Naqada II Enter the Golden Age, e in generale i nuovi innesti della band aiutano tantissimo Karl Sanders e George Kollias (sempre pazzesco alla batteria). Questo disco è la conferma, dopo il buonissimo Vile Nilotic Rites, di una band che sta vivendo una seconda vita, e la cosa mi rende molto felice: bentornati!
Dedico un breve spazio a Confrere dei Poison Ruïn, EP tutto sommato buono, che conferma l’ottima qualità della band di Philadelphia, autori di un Punk/Hardcore con tematiche medioevali.
Qui invece devo prendermi del tempo per parlare di uno dei dischi più attesi dell’anno: ovvero Songs of Blood and Mire degli Spectral Wound. I canadesi avevano aspettative altissime dopo lo splendido A Diabolic Thirst di tre anni fa, e il nuovo disco non delude affatto. L’influenza principale è sempre quella dei migliori Gorgoroth (quelli con Pest, ovviamente), e la qualità dei pezzi è sempre alta; basta sentire la splendida At Wine-Dark Midnight in Mouldering Halls, la mia preferita del disco grazie ai due meravigliosi riff che si sentono all’inizio e nel bridge, ma menziono anche The Horn Marauding e la finale Twelve Moons in Hell. Continuo ancora a pensare che sarebbe stato un disco quasi perfetto se ci fosse stato un pezzo più introspettivo come Mausoleal Drift dal predecessore, ma trovare il pelo nell’uovo di questo Songs of Blood and Mire sarebbe quasi non recargli giustizia. Uno dei più bei dischi Black Metal di questo 2024, senz’ombra di dubbio
Questo disco invece è una graditissima sorpresa, anche perché dopo lo scioglimento dei Negură Bunget ammetto di aver dato più attenzione ai “fratelli” Dordeduh rispetto ai Sur Austru, e Datura Străhiarelor invece mi ha dimostrato che sono un cretino. Per chi non conoscesse le tre band rumene, si parla di Atmospheric Black con (tanti) inserti folk, visto che la tematica principale è quella della natura, ma ci sono anche alcune influenze progressive che li avvicinano agli ultimi lavori degli Enslaved: personalmente ci ho sentito tanto i Negură post-split, quelli dello splendido Vîrstele Pamîntului, soprattutto su Cele Rene e Cele Brune. Bella e graditissima sorpresa e capretta per i nostri.
Siete a pezzi per lo scioglimento degli Urfaust e volete del buono e sano Black Metal alcolic-occultistico-ritualistico? Vi capisco alla grande, per questo dobbiamo ringraziare gli svizzeri Trogne e il loro debutto Ethyloccultisme. È solo un EP, ma i nostri riescono a colmare il vuoto lasciato dallo scioglimento della band olandese, soprattutto quando spingono più sui rituali, come nelle parti finali della lunga I. Per il resto è un ottimo trio di pezzi Black con influenze Doom che lascia presagire ottime cose!
Chiudo gli ascolti di agosto con Dawn of Oberon dei miei adorati Tusmørke, uscito dopo solo un anno dal bellissimo Hestehoven, ma che purtroppo non raggiunge le vette del precedessore. Anche perché questo disco è stato più pensato come un lascito delle registrazioni fatte con l’allora batterista Kusken. Dawn of Oberon si regge tutto sulla titletrack di 18 minuti, ma per il resto sento un effetto b-side che non mi è andato proprio giù: i fratelli Momrak hanno fatto di meglio, non un brutto disco, ma è più materia da completisti. Per tutti gli altri, se non avete mai sentito qualcosa di questi pazzissimi folletti Prog-Folk norvegesi, buttatevi su Ført Bak Lyset, Fjernsyn I Farver e il precedente Hestehoven appunto. Poi se avete dei bambini dategli in pasto Byrdyra.
E questo è quanto per agosto. Ci si vede fra un mesetto, o comunque quando finirò gli ascolti di settembre!